UN TESTO INTERESSANTE SUL VINO

Per tutti quelli che vogliono acquisire alcune nozioni sul vino e dispongono di un Ipad, consiglio questo testo, che si può trovare su ITUNES gratuitamente.

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Andate direttamente sullo store libreria, direttamente dal vostro dispositivo, e cercate “Conoscere il vino”

Buona lettura a tutti

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UN ARTICOLO SU LA QUALE MOLTI RISTORATORI E ALBERGATORI DOVREBBERO RIFLETTERE

Articolo Gambero rosso0001

Questo articolo è uscito sulla rivista Gambero Rosso di Novembre, rivista che ringrazio e che consiglio a tutti quelli che amano la ristorazione.
Scaricando l’ App su tablet, si possono avere anche le copie digitali gratuite.

Se non riuscite a leggere bene l’articolo, scaricate il pdf qui sotto.
Articolo PDF

Un feedback è gradito…….

CONGRESSO NAZIONALE AMIRA

“dal 25 Novembre al 30
Novembre una massiccia delegazione dell’associazione AMIRA Vco (Associazione
Maîtres Italiani Ristoranti ed Alberghi) con a capo in qualita’ di
fiduciario per la nostra Provincia OMAR VALENTINI

ha partecipato al 57° Congresso Internazionale tenutosi a Palermo al Grand
Hotel Des Palmes,  e’ stato rinnovato l’esecutivo con riconferma di
Valerio Beltrami come Gran Cancelliere della Ristorazione

per l’Italia, Svizzera e Gran Bretagna nomina di grande prestigio e di grande
impegno in quanto prevede il controllo su tutto il territorio italiano,
svizzero e inglese della funzionalita’ della  ristorazione

e il coordinamento dei Grandi Maestri della Ristorazione,  inoltre e’
stata riconfermata la carica di Vice-Presidente Aggiunto del Maitre Claudio
Recchia di Verbania,  nell’occasione e’ stato conferito

al nostro socio Renato Boglione il Premio di Riconoscimento del Capo dello
Stato,  onoreficenza di grande livello, il quale viene insignita a
chi  vanta un curricula vitae di lunga data e di grande professionalità.

Silvia Vietti

 

Manifesto

Visita la pagina dedicata con le foto dell’evento(clicca in alto)

 

SI CONCLUDE IL PRIMO CORSO DI DEGUSTAZIONE

                                                                                                                                               

 

 

 

 

Si è concluso, con grande successo, il primo corso di degustazione vino organizzato dalla sezione di Verbania dell’ A.M.I.R.A. E’ con grande entusiasmo, comunichiamo che in autunno verrà realizzato il secondo, con il tema ” Abbinamento cibo e bevande”. Rimangono validi i numeri di telefono, a cui rivolgersi per informazioni e prenotazioni, che trovate sull’articolo precedente con il manifesto. La sezione di Verbania sta pensando anche di realizzare un corso di Bon Ton dedicato alle signore, a breve seguiranno informazioni più dettagliate.

Bologna, camerieri a 3 euro l’ora. Nasce una campagna per segnalare i locali non in regola

L’iniziativa, in un settore dove la sindacalizzazione è quasi nulla, si chiama Bologna del lavoro e permetterà di creare una lista di chi sfrutta i propri dipendenti usufruendo fuori misura di contratti a chiamata e pagamenti in nero

Costituzione alla mano, L’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro. Eppure nella dotta e grassa Bologna pare che un articolo basilare del nostro ordinamento stia perdendo lentamente di valore, laddove si beve e si mangia a scapito di lavoratrici e lavoratori, costretti ormai a stipendi miseri e a vedere i propri diritti come un lontano miraggio. Stiamo parlando di tutti quei camerieri, lavapiatti, baristi, aiuto cuochi e vari dipendenti nel settore della ristorazione che vengono risucchiati da un precariato latente quanto agghiacciante, capace di relegarli in un lavoro mal retribuito, sfruttato che si traduce molte volte, in un uso massiccio del lavoro nero che nella maggior parte dei casi, non supera i 4-5 euro l’ora. Per opporsi a queste condizioni di sfruttamento che attanagliano il mondo della ristorazione, nasce Bologna del lavoro, una campagna realizzata da alcuni dipendenti nel settore della ristorazione, desiderosi di cambiare lo status quo della loro situazione lavorativa.
“A Bologna si mangia e si beve sui diritti dei lavoratori” si legge sul profilo Facebook della campagna, nato per raccogliere denunce contro il lavoro nero e sottopagato, che, fino ad ora, ha visto l’adesione di più di 400 persone. Obiettivo primario della protesta, quello di tracciare una nuova strada all’interno di logiche lavorative spesso perverse, in un settore che vede un livello di sindacalizzazione pressoché nullo. Così, dopo diversi volantinaggi a tappeto per le vie del centro, nei ristoranti simbolo della Bologna godereccia, verranno create due diverse liste. La prima andrà a delineare tutti i ristoranti buoni. L’altra invece, prenderà le sembianze di una lista nera, in cui figureranno ristoranti e trattorie cattive, ovvero da bollino rosso. Tradotto, non rispettosi di quei sani principi alla base di qualsiasi rapporto lavorativo che si rispetti.
“L’idea è nata – racconta Stefano, uno degli ideatori della campagna – dopo una mia esperienza lavorativa presso un ristorantino del centro, noto per i suoi prezzi popolari. Lavoravo con un contratto a chiamata per cui percepivo 600-700 euro al mese. Dopo pochi giorni però mi sono accorto che c’era qualcosa che puzzava. Perché i gestori servendosi del contratto a chiamata, spesso e volentieri segnavano meno ore lavorative di quelle effettive, così il resto che mi spettava mi veniva dato in nero”. Ma c’è di più. Perché durante i giorni trascorsi all’interno del ristorante come cameriere, Stefano ha potuto appurare che la situazione accomunava anche chi lavorava con lui. “Ho capito immediatamente che la formula del contratto a chiamata  si tramutava pressoché in lavoro nero per tutti quanti i dipendenti. Un mio collega mi raccontava che venivano chiamati in prova per due giorni alcuni lavapiatti. Alla scadenza, non venivano pagati, se non con un piatto di minestra, e gli veniva dato il ben servito. E così ne venivano chiamati altri due”.
L’abitudine del contratto a chiamata riguarda ormai buona parte della ristorazione bolognese e i lavoratori con tale tipologia contrattuale non dovrebbero superare, per legge, il 20% del totale dei dipendenti. Ma nella realtà non si traduce nello stesso modo. Vi sono gestori di locali che attivano contratti a chiamata all’80% dei dipendenti, segnando meno ore di quelle effettive. In questo modo se arriva un controllo dell’ispettorato del lavoro sono ‘in regola’.
“Quando accetti queste condizioni che calpestano qualsiasi diritto – continua Stefano – significa che il bisogno di lavoro è talmente alto che non osi rinunciarci. E non denunci nulla. Perché in situazioni lavorative così precarie, il livello di omertà è altissimo. Un’omertà che nasconde una folle paura di perdere il lavoro”. Proprio per cercare di oltrepassare questo silenzio assoluto, per cui risulta impossibile fare leva sui dipendenti, la protesta da bollino rosso cercherà di coinvolgere i clienti stessi, indicando loro la retribuzione effettiva dei camerieri che li servono, magari nel ristorantino sotto casa, con dei volantinaggi a tappeto.
“Agendo in questo modo – precisa Stefano – i locali che non rispettano i diritti fondamentali dei lavoratori rischia di perdere i propri clienti in una sola serata”.  Alla protesta si affiancherà l’azione dei sindacati, Filcams-Cgil e il sindacato di base, e che andrà ad incidere anche sull’ispettorato del lavoro stesso affinché, dopo varie segnalazioni, vengano eseguiti controlli mirati. La campagna vede nel cuore della propria azione, la chiara volontà di smascherare realtà lavorative che vivono nel confine tra legalità e illegalità, per creare un settore economico con maggior rispetto delle condizioni lavorative, con più posti di lavoro e con il rispetto del contratto nazionale del commercio.
Parlando con alcuni gestori dei ristoranti del centro, da via del Pratello a via Mascarella,  appare chiaro come la palla rimbalzi dai ristoranti che rifiutano il lavoro nero “perché non sanno nemmeno cos’è” a chi non crede “nella demonizzazione di un’intera categoria perché è più facile parlare dei cattivi che dei buoni”. Insomma in poche parole, nella campagna attuata dai lavoratori precari della ristorazione, alcuni gestori nutrono qualche dubbio circa la possibilità di successo dell’iniziativa. E sottolineano che “queste manifestazioni di protesta nascono già pregiudiziali nei confronti della categoria dei ristoratori”. Ma come vuole confermare la regola, esistono eccezioni.
Alcuni ristoranti del centro, a differenza di altri, hanno già abbracciato l’iniziativa, attaccando alle proprie vetrine i volantini di “Bologna del lavoro” e contribuendo al finanziamento per la realizzazione di altri adesivi che verranno distribuiti in maniera capillare prossimamente per le vie del centro. Una forma di solidarietà che risponde appieno al desiderio iniziale che si propongono gli ideatori dell’iniziativa, nel creare realmente un’alleanza con i gestori, dando vita così ad una sorta di ‘piattaforma comune’.

Precisazione sullla notizia della pastorizzazione latte scaduto.

Leggete questo articolo pubblicato sul sito della Codacons Piemonte

FALSA NOTIZIA SULLA PASTORIZZAZIONE DEL LATTE SCADUTO

Nei giorni scorsi, numerosi consumatori preoccupati, hanno portato alla nostra attenzione, una e-mail che si sta diffondendo  grazie al “passa parola” nei vari forum della rete e attraverso le caselle di posta, il cui contenuto denuncia la pastorizzazione del latte scaduto, ripetuta addirittura fino a quattro volte.

Tale procedura, stando al contenuto della e-mail, sarebbe identificabile attraverso un numero stampato sul fondo della confezione.

Questo è il testo dell’e-mail:


“Il latte in cartone, quando non è venduto dopo un determinato termine di tempo è rispedito in fabbrica per essere pasteurizzato un’altra volta…Questo processo può ripetersi fino a 5 volte, cosa che conferisce al latte un sapore diverso da quello iniziale, aumentando la possibilità di cagliare e riduce significativamente la sua qualità, nonché anche il valore nutritivo diminuisce…
Quando il latte ritorna sul mercato, il piccolo numero che vedete dentro il cerchietto nel file allegato viene modificato.
Questo numero varia da 1 a 5.
Sarebbe conveniente comprare il latte quando il numero non supera il “3”. Numeri superiori comportano una diminuzione nella qualità del latte. Questo piccolo numero si trova nella parte inferiore del cartone; se compri una scatola chiusa, è sufficiente controllare uno dei cartoni, tutti gli altri avranno lo stesso numero.
Ad esempio: se un cartone ha il numero 1, vuol dire che è appena uscito dalla fabbrica; ma se ha il numero 4, significa che è già stato pasteurizzato fino a 4 volte ed è stato rimesso sul mercato per essere venduto…”

Abbiamo chiesto ad un esperto, il dr. Avanzi della Centrale del Latte di Torino, di aiutarci a fare luce su tale notizia,  per verificarne il fondamento e per capire quali iniziative intraprendere per la tutela del consumatore.

 

Fortunatamente le informazioni ricevute sono tranquillizzanti:

la pastorizzazione del latte scaduto, con relativa conta numerica sul fondo del cartone è notizia assolutamente falsa e l’ e-mail tende a creare ingiustificati allarmismi con finalità che ignoriamo.

La pastorizzazione del latte scaduto è un atto illecito e nessun produttore di  latte è autorizzato a tale pratica. Il numero stampato sul fondo della confezione del latte ( il Tetrapak ) non è altro che il numero della bobina che ha stampato la medesima.

 

 

Pubblichiamo l’ e-mail del Dr. Denis Avanzi, Responsabile Qualità e R&S, che ringraziamo per la precisa e tempestiva risposta:

 

Buon giorno,

la presente per precisare che la mail a cui fa riferimento è assolutamente falsa.

E’ possibile che i contenitori del latte riportino dei numeri sul fondo del pacchetto. Il significato di questi numeri può variare a seconda della tipologia del prodotto e dell’azienda produttrice, ma in ogni caso sono impiegati per favorire o garantire la rintracciabilità del prodotto o dei contenitori utilizzati.

Due esempi per meglio comprendere il fenomeno:

– nel caso del latte fresco pastorizzato il numero stampigliato sul fondo si riferisce al dosatore della macchina di confezionamento (ogni macchina ha 4 dosatori, quindi è normale trovarne uno di questi). Se un consumatore dovesse segnalare un’anomalia, mediante questo numero si risale al dosatore utilizzato per riempire il pacchetto. Per quanto riguarda il numero delle pastorizzazioni la normativa in vigore è molto chiara: si può commercializzare solo latte fresco pastorizzato che abbia subito un unico trattamento termico, a partire dal latte crudo.

– nel caso del latte UHT (a lunga conservazione), a cui la foto della mail si riferisce, il numero, se è presente (e non è scontato che lo sia) viene impresso dalla cartiera della Tetra Pak (azienda che fornisce i contenitori).
Anche in questo caso è utile per garantire la rintracciabilità dei contenitori. Infatti il numero (da 1 a 5) si riferisce al taglio della bobina originaria (ogni bobina viene tagliata in 5 strisce).

A completamento del secondo esempio le allego la spiegazione ufficiale di Tetra Pak

Il link diretto é: http://www.tetrapak.it/hpm01.asp?CgiAction=Display&IdCanale=1&IdNotizia=839

Cordiali saluti

dr. Denis Avanzi
Responsabile Qualità e R&S
Centrale del Latte di Torino & C SpA

Maîtres in allarme: pochi camerieri. Il servizio in sala “piange” sul piatto

Camerieri professionisti cercansi. Oggi i numeri, la carriera e forse la gloria degli addetti all’accoglienza e al servizio tendono al ribasso: in altre parole non c’è partita tra mâitre e chef. A lanciare l’allarme sulle problematiche che stanno colpendo il settore è l’Amira, l’Associazione maîtres italiani ristoranti e alberghi, che conta oltre 3.000 iscritti. La conferma delle preoccupazioni dell’associazione fondata nel 1955 arriva dai numeri degli istituti alberghieri: su 100 iscritti, 70 scelgono le specializzazioni di cucina e solo 30 optano per le mansioni di sala. Il risultato è che oggi i veri professionisti sono diventati una élite e quei pochi rimasti trovano spazio solo nei grandi ristoranti, bar alla moda o alberghi di lusso. E a pagarne le conseguenze è la professione stessa, in termini di numeri e di qualità: la maggioranza considera il cameriere più come un lavoro occasionale che non come un lavoro a tempo pieno. A parer di molti questo mestiere, come altri, è destinato a catturare gli immigrati che adesso stanno nelle retrovie (lavapiatti, addetti alle pulizie, factotum), Ma che in futuro potrebbero incarnare la figura del cameriere multietnico.
Secondo Antonio Zambiano, fiduciario della sezione Amira di Milano, «parte della colpa va alle aziende che, un po’ per risparmiare, un po’ per velocizzare il servizio, hanno creato dei nuovi standard che permettono anche a persone non preparate di fare questo lavoro. Negli ultimi anni, infatti, molte categorie di lavoratori hanno iniziato a fare i camerieri occasionali per arrotondare il proprio stipendio. È però anche vero che tanti clienti sono insoddisfatti: fare il cameriere non significa fare il portapiatti, anche se molti credono il contrario. C’è molto di più: dal contatto umano alle tecniche di base che purtroppo nelle scuole non sono più insegnate come si deve a causa dei continui tagli fatti alle ore dedicate ai laboratori, senza contare le varie riforme scolastiche». Aziende con esigenze diverse, dunque, ma non solo: il problema è di più ampio respiro: «Oggi la cucina rappresenta un mondo affascinante per i giovani anche per il ritorno di immagine – gli fa eco Raffaello Speri, (nella foto sotto) presidente di Amira. Basta pensare a come i mass media abbiano mitizzato la figura dello chef. Non esiste però una buona cucina senza un servizio di sala professionale. Essere maître vuol dire avere competenze in diversi campi: il direttore di sala è di fatto una figura versatile capace di accogliere i clienti ma anche dare informazioni sul menu, proporre gli abbinamenti giusti, consigliare i vini». Un mestiere da riqualificare, dunque, anche da un punto di vista retributivo. I salari minimi per i camerieri si aggirano attorno ai 1.000 euro al mese per 40 ore settimanali. Tuttavia, c’è chi ricorre all’evasione: nei bar e ristoranti si registra un’alta percentuale di lavoro nero e se nel 2005 il tasso di irregolarità nel comparto del commercio era del 13,9%, quello di alberghi e pubblici esercizi è attorno al 35,8%. Da qui non è difficile capire perché fare il cameriere risulti poco appetibile. «In questi anni gli iscritti al biennio di specializzazione in cucina sono triplicati rispetto alla sala e al ricevimento – conferma Rosalia di Piazza, dirigente dell’Ipssar Tor Carbone di Roma. Anche quest’anno ci sono 92 iscritti alla cucina e 49 in sala. I ragazzi preferiscono studiare “in cucina” invece che in sala. Chi sceglie la specializzazione in sala è consapevole che il cammino è più lungo e che occorre un altro biennio post qualifica: per questo molti scelgono la cucina e poi magari si improvvisano camerieri».
«La cucina è sicuramente più attraente – dice Silvana Nespoli, dirigente dell’Istituto alberghiero di San Pellegrino (Bg), il primo in Lombardia per numero di iscritti. Per quanto riguarda la figura del direttore di sala, sul piano professionale c’è una perdita di identità dovuta al contenimento delle spese e ai tagli al personale che molti esercenti attuano. Il diplomato o cameriere professionista, di fatto, costa di più e di conseguenza la figura del maître sta uscendo di scena dai ristoranti». A scendere in campo per rilanciare la professione è ancora l’Amira che nel 2007 ha coinvolto circa 200 istituti alberghieri per l’organizzazione di corsi didattici negli alberghi: «Dobbiamo intervenire e dare una mano ai docenti nel formare gli studenti, preparandoli adeguatamente per il mondo del lavoro in cui poi entreranno a far parte – spiega Zambiano. E anche le aziende devono fare la loro parte». «Abbiamo indetto per la prima volta dei corsi di aggiornamento – aggiunge Speri. Abbiamo constatato che c’è una richiesta degli iscritti di approfondire le conoscenze e voglia di fare carriera per i professionisti rimasti. Questo è confortante per il futuro della nostra associazione anche se per evitare che la figura del maitre e del cameriere professionista sparisca occorre mettere i giovani in condizione di imparare e appassionarsi a questo lavoro. Un impegno che deve coinvolgere anche le istituzioni per portare la ristorazione italiana a un alto livello».Marco Offredi

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